Andrea Palladio (1508-1580)

Andrea, figlio del mugnaio Petro della Gondola e di Marta “la zota”, nasce a Padova dove viene avviato dal padre ai lavori di scalpellino nella bottega del lapicida Bartolomeo Cavazza da Sossano. Sedicenne si trasferisce a Vicenza nel laboratorio di Pedemuro che produceva la maggior parte dei monumenti sepolcrali, degli altari, dei portali e delle decorazioni scultoree nel nuovo stile classico.
L’incontro fatale con Giangiorgio Trissino, suo mecenate, avviene in occasione della ristrutturazione della villa di Cricoli: qui l’umanista, riconoscendo il talento nel giovane “tajapiera”, lo prende sotto la propria protezione e lo introduce nei circoli culturali, attribuendogli l’appellativo classicheggiante di “Palladio”: l’angelo messaggero del suo poema L’Italia liberata dai Goti.
Lo studio dei classici e i frequenti viaggi a Roma, mettono l’artista a contatto con le forme dell’architettura “moderna” e antica, rileva le rovine di Villa Adriana e disegna la planimetria del tempio di Ercole vincitore a Tivoli - complesso costituito da un corpo centrale circondato da due portici simmetrici a forma di “L” - credendolo un edificio residenziale. Da questo equivoco, non irragionevole, deriva la struttura delle sue tante ville, edifici modernissimi e all’antica, che segneranno il territorio della terraferma “educata” dalla bonifica.

Andrea Palladio
Rilievo del complesso del tempio di Ercole Vincitore a Tivoli, 1545-1547
Londra, RIBA Library Drawings Collection.

Per diventare architetto era necessario disegnare bene e conoscere le tecniche di rilievo per poter riprendere gli edifici antichi e moderni a cui fare riferimento come modelli.

  

Maso Finiguerra
Giovane disegnatore che vuole diventare architetto, 1455 ca.
Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.

«Palladio non inventò la villa, né la villa veneta, che esisteva già da tempo […] Ma rimescola le carte, in modo che la casa stia in mezzo al complesso (principio estetico), che le parti del complesso siano comunicanti (principio funzionale nuovo), architettonicamente unite, ma disposte in modo da non essere di “impedimento” l’una all’altra (principio estetico e funzionale)». (Burns 2005, p. 99)
Le superfici bianche, la simmetria, il pronao sormontato dal timpano, le ampie scalee diventano gli elementi caratterizzanti della sua progettazione che conferiscono un carattere monumentale agli edifici, spesso di non grandi dimensioni e con un unico piano di abitazione.

Andrea Palladio
Villa Badoer
Progettata nel 1554
Fratta Polesine, Rovigo.

                        

Andrea Palladio
Villa Emo
Iniziata nel 1558
Fanzolo di Vedelago, Treviso

Beltramini nell’articolo La «città piccola», afferma che la fortuna del Palladio sta «nell’uso di una grammatica di forme e proporzioni prefissate e di una serie di elementi concettualmente precostituiti, aggregati in modo creativo secondo una precisa sintassi» ispirata forse dalle idee e dagli scritti di Trissino sulla grammatica e sulla poetica. Certamente le sue innovazioni formali sono frutto di una buona conoscenza delle tecniche costruttive e dei materiali. Alla freddezza dei marmi preferirà sempre l’intonaco e le colonne di mattoni a quelle di pietra, contenendo così i costi e rendendo i suoi progetti accessibili non solo al grande signore, ma anche al ricco mercante o funzionario.

Palladio tra il 1537 e il 1573 progetta una quarantina di ville interpretando con soluzioni sempre diverse le idee e i temi forniti dai committenti e adeguando i canoni della classicità alle aspirazioni del proprietario e all’ambiente. Il sito su cui edificare la villa è una scelta importante perché deve soddisfare le esigenze di una vita sana, tranquilla, colta e dedicata all’agricoltura per cui ritiene necessario valutare l’esposizione al sole, l’assenza di acque stagnanti, la presenza di buona acqua e possibilmente la vicinanza ad un fiume per facilitare il trasporto delle merci.

Mattoni cinquecenteschi sagomati a settore circolare,
per le colonne di palazzo Chiericati

Vicenza, Musei Civici.

Ritiene inoltre auspicabile poter ammirare da lontano l’edificio, simbolo di prestigio sociale, e godere da esso di un’ampia e bella vista. Trae le sue idee sulla casa dagli scritti di Vitruvio e di Leon Battista Alberti e afferma che l’efficacia e la bellezza di un edificio dipendono dalle proporzioni, dalla sensata disposizione degli ambienti, dall’equilibrio tra “utile” e “comodo”. «Sempre, sia nelle ville di maggiori ambizioni e possibilità come in quelle minori, risalta la matematica limpidezza dei rapporti proporzionali, il lucido e apparentemente semplice intersecarsi dei volumi e, su tutto, quella apertura sul territorio, sul paesaggio […]». (Romanelli 1995, p. 17)
Nella distribuzione planimetrica Palladio riprende l’innovativa soluzione dei tre ambienti di misure diverse - grandi, medie e piccole - introdotta da Trissino nella villa di Cricoli dalla quale deriva pure la preferenza per le volte, più belle e sicure contro gli incendi, delle coperture in travatura. In maniera flessibile e creativa, compone e ricompone gli elementi chiave della sua progettazione, stabilendo così una serie standard di forme applicabile alla maggior parte dei progetti. Cucine, dispense, cantine sono collocate al seminterrato; l’ampio sottotetto è utilizzato per immagazzinare il grano; il piano principale presenta sull’asse centrale la loggia e la sala di ricevimento, ai lati le stanze. Con il passare degli anni la varietà delle proposte aumenterà, vista anche l’esigenza dei committenti a possedere ville con due piani.

Interno
Villa Pisani
Bagnolo di Lonigo, Vicenza.

Andrea Palladio
La Rotonda, studio di proporzioni
Da I quattro libri dell’architettura, 1570.

Mauro Zocchetta
Analisi grafiche delle ville Emo, Cornaro, Badoer di Andrea Palladio, 2005
Vicenza, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio.

«Nessuno ha segnato in maniera tanto profonda e duratura l’arte del costruire fino a fine Ottocento». (Romanelli 1995, p. 11)
Questo è anche dovuto al fatto che fu uno dei pochi architetti in grado di presentare al mondo i propri progetti: I Quattro libri dell’architettura, pubblicati a Venezia nel 1570 quando aveva più di sessant’anni, è una delle opere sull’architettura più lette di tutti i tempi. Testo e illustrazioni collaborano per comunicare idee e forme complesse in modo chiaro e immediato.

Francesco Zucchi
Ritratto di Andrea Palladio.

                       

Frontespizio
dei Quattro libri dell'architettura.

Oggi risulta certo sorprendente notare quanto Palladio fosse realmente "vicino" ai modelli romani.

Modello di villa gallo-romana
I-III sec. d.C.
Thionville, Musée de la Tour aux Puces.

   

Frammento con paesaggi architettonici
40-45 d.C.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Goethe in Viaggio in Italia (1816-1829) scrive: «Le fabbriche del Palladio contengono qualcosa di quel divino, che è la forma in un gran poeta, il quale di veri e di finzioni compone una terza cosa che affascina […] Nelle sue architetture Andrea Palladio ha cercato di elevare i bisogni degli uomini, di ispirare loro una maggiore opinione di sé, di rivelare loro tutto il bello di una nobile esistenza».