La parola “allegoria” (dal greco állos = altro, diverso e agoréuein = parlare) significa parlare d’altro.
In arte per allegoria si intende la raffigurazione
di idee,
vizi, virtù
o stati d’animo
attraverso delle persone ritratte in atteggiamenti diversi e accompagnate da oggetti-simbolo.
Anche
la letteratura fa ampio uso di un linguaggio metaforico che a volte si avvicina
o può corrispondere ad una allegoria.
Nel Medioevo, pervaso della cultura cristiana, l’espressione attraverso le allegorie era molto diffusa; l’intero poema di Dante è stato letto in chiave allegorica e lo stesso autore ci avverte, nel canto VIII del Purgatorio ai vv. 19-21 con queste parole:
“Aguzza
qui lettor, ben li occhi al vero
ché
‘l velo è ora ben tanto sottile,
certo che ‘l trapassar dentro è leggero”.
Nel
Convivio Dante aveva però distinto
tra allegoria dei poeti e allegoria
dei teologi e aggiungeva la distinzione dei “quattro sensi” o
significati delle scritture, intese come opere scritte, chiarendo che essi sono:
letterale, allegorico, morale e anagogico (o sovrasenso). Tale suddivisione si
rifaceva alla celebre formula del distico di Agostino di Dacia (“Littera gesta
docet, quid credas allegoria,/ Moralis quid adas, quid credas anagogia): “Il
senso letterale mostra le cose avvenute, l’allegoria quello che devi credere,
il morale ciò che devi compiere, l’anagogico cio cui devi tendere”.
In
quest’ottica si può ritenere che Dante si sia riferito alla sua Comedia,
non intendendo comunque indurci a scoprire necessariamente in ogni punto tutti i
quattro livelli di interpretazione. Premesso, dunque, che nella lettura della
Divina Commedia non va mai dimenticato il suo valore poetico, possiamo
certamente accostarci ai versi danteschi con la curiosità di cogliere simboli e
allegorie.
Può
essere utile capire la distinzione tra simbolo e allegoria.
Il
SIMBOLO è di natura metaforica e fa parte della “lettera”: c’è un
rapporto immediato tra il suo significato letterale e quello traslato per cui la
comprensione diventa naturale, immediata.
L’ALLEGORIA invece non nasce da un legame naturale tra il dato sensitivo e l’idea; il suo significato è come “imposto a freddo da un’intenzione esterna” ed è perciò considerato un rapporto arbitrario e quindi di più difficile interpretazione.
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