LA FISICA DELLA LEVA

Dal punto di vista fisico la pedivella è una leva di seconda categoria poiché la resistenza si trova tra il fulcro (il centro del movimento centrale) e la potenza (il punto dove insiste l'asse del pedale). Tra fulcro e punto in cui si trova la catena si ha quello che viene chiamato braccio di resistenza, mentre tra catena e asse del pedale si ha il braccio di potenza. Quando la catena si trova sull'ingranaggio più piccolo il braccio di potenza aumenta di quanto diminuisce il braccio di resistenza (rispetto all'utilizzo della guarnitura maggiore) e la leva diventa più efficace.

Detto questo sembrerebbe inconfutabile il vantaggio di un ingranaggio più piccolo (e quindi l'impiego di moltipliche compact, ad esempio), c'è però da considerare, a parità di sviluppo metrico, e quindi di velocità prodotta, la riduzione anche dell'ingranaggio posteriore e qui si ribalta la situazione riequilibrando, in sostanza il vantaggio ottenuto con la leva anteriore più favorevole.

Leva pedivella

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L’EFFETTO GIROSCOPICO

Un motoveicolo ha la facoltà d’inclinarsi lateralmente per seguire traiettorie curvilinee. La piega è un fenomeno dinamico articolato in cui gioca un ruolo critico il cosiddetto “effetto giroscopico”. Un corpo in rotazione, qual è tipicamente una ruota, tende per inerzia a mantenere il proprio asse rotatorio parallelo a sé stesso, cioè lascia ch’esso possa traslare, ma oppone una certa resistenza a una modifica del suo orientamento nello spazio. Ciò rende conto dell’equilibrio dinamico di giocattoli come le trottole o i piccoli giroscopi, ma anche di cicli e di motocicli. Tuttavia, se l’azione modificatrice è sufficientemente intensa l’asse di rotazione reagisce in maniera a priori inattesa, declinando in modo perpendicolare rispetto alla spinta impressa. Questo comportamento ha tutta una serie di ricadute meccaniche caratteristiche sulla guida di una motocicletta in curva.

L'effetto giroscopico nasce quando l'asse intorno al quale un corpo sta ruotando viene sollecitato a spostarsi da una forza che agisce su uno qualsiasi dei piani che contengono l'asse di rotazione, è dunque un fenomeno, o meglio un insieme di fenomeni che rispondono alla legge fisica della conservazione del momento angolare.

Per far variare il momento angolare di un oggetto in rotazione è necessario che vi sia applicato un momento generato da due forze non aventi la stessa retta d'azione. Questo è un fenomeno di natura vettoriale, pertanto la sua trattazione richiede l'uso di vettori e composizioni esterne.

Tanto più è massiccio un oggetto e tanto minore sarà la sua propensione a modificare il suo stato di moto nella direzione della forza. Se l’oggetto rigido non è puntiforme e se la forza non è applicata nel suo centro di massa esso può mettersi in moto rotatorio; e anche in questo caso lo fa con una propensione che dipende dalla sua massa complessiva.

La maggiore o minore inerzia di un corpo rigido a reagire a una sollecitazione esterna che tenti di variarne la velocità di rotazione può essere esattamente calcolata in base alla forma dello stesso, alle sue dimensioni, alla distribuzione della sua massa e si esprime appunto nel momento d’inerzia.

Come però si accennava, l’effetto giroscopico che c’interessa considerare ai fini della guida di un motociclo dipende anche dalla velocità di rotazione delle ruote, non solo dal loro momento d’inerzia. In effetti, l’inerzia di un corpo roteante non si manifesta soltanto nella pigrizia con cui esso accelera o decelera rispetto al proprio asse di rotazione, ma anche nella sua poca propensione a modificare l’orientamento nello spazio dell’asse medesimo.

La stabilità è dovuta al fatto che l’asse di rotazione di un giroscopio si lascia spostare molto poco dalle forze torcenti ad esso applicate. Questo è tanto più vero quanto più veloce è la sua rotazione e quanto più elevato risulta il suo momento d’inerzia. Solo se applichiamo una forza sufficientemente intensa l’asse rotatorio finirà per deviare. È però molto interessante osservare che questo spostamento non avverrà nella medesima direzione in cui noi spingiamo, bensì in una direzione perpendicolare. Quest’ultima è una circostanza decisamente poco intuitiva, ma, anche questa volta, spiegabile con gli effetti dell’inerzia. Quando l’asse viene sottoposto a una sollecitazione che tende a fargli mutare orientamento quest’ultima si trasmette istantaneamente a tutti i punti che costituiscono la massa in rotazione. Prendiamone uno a titolo d’esempio. Se esso fosse libero si muoverebbe inizialmente in linea retta e allora semplicemente cambierebbe traiettoria, flettendo in direzione della forza applicata e proseguendo poi per inerzia nella nuova direzione. Siccome però risulta vincolato nella rotazione collettiva, la sua (nuova) inerzia si somma al moto rotatorio. Questo vale per tutti i punti i quali sono tra loro collegati. Ne deriva una deflessione dell’asse perpendicolare alla forza originariamente impressa.

Fortunato Depero
Chirottero metropolitano, 1945
Rovereto, Mart.

L’effetto giroscopico può essere sperimentato in prima persona, munendosi ad esempio di una ruota smontata da una bicicletta. Se teniamo la ruota con le mani per il mozzo mentre gira velocemente ci accorgiamo subito di una circostanza caratteristica: dobbiamo compiere un certo sforzo per spostare l’asse di rotazione in qualunque direzione, mentre non costa alcuna fatica traslarlo parallelamente a sé stesso; come dire che la ruota in movimento è poco propensa a modificare il suo orientamento nello spazio. Se proviamo a girare l’asse con decisione parallelamente al pavimento (come se sterzassimo) otteniamo per tutta risposta un’inclinazione laterale della ruota, cioè una deflessione dell’asse non già parallela al pavimento, ma perpendicolare rispetto ad esso. Viceversa, se tentiamo d’inclinare l’asse perpendicolarmente al suolo succede che la ruota si orienta come se la sterzassimo. Come si diceva, questo avviene perché l’asse libero s’inclina sempre in un piano che è disposto a 90 gradi rispetto a quello in cui viene esercitata la leva deflettente. Inoltre, possiamo porre la ruota in rotazione e appenderla lateralmente per il mozzo mediante una corda, facendo in modo che si mantenga verticale rispetto al pavimento, ossia che non si ribalti come accadrebbe se essa fosse ferma. Come abbiamo già discusso, in tal caso assistiamo però a un moto di precessione che fa girare la ruota intorno alla corda, come illustrato nel filmato allegato.

(Il filmato allegato è tratto da: http://static.howstuffworks.com/mpeg/gyro.mpg)

Introduzione: fisica del punto materiale
La fisica della bicicletta

Classe 2E