Il sistema del Teatro di memoria di Robert Fludd

Fludd (1574 – 1637) - medico, alchimista, filosofo inglese - “erige” l’ultimo grande monumento della memoria rinascimentale e, come Camillo, assume il teatro come propria forma architettonica ma, a differenza del suo predecessore, utilizza come luogo mnemonico il palcoscenico vero e proprio. Egli espone il suo sistema di memoria nel capitolo Ars memoriae, contenuto nel secondo volume dell’Utrisque Cosmi maioris silicet et moniris, metaphysica, physica atque technica Historia che, edito tra il 1617 e il 1619, tratta del “mondo più grande” – il macrocosmo e il “mondo più piccolo” - il microcosmo.

Prima pagina dell’Ars memoriae, 1619 (part.)

«Basato sulle orbite celesti, lo zodiaco e le sfere planetarie, il sistema utilizza, in combinazione con tutto ciò, edifici da collocare nei cieli, contenenti luoghi recanti immagini di memoria, che saranno, per così dire, attivate da energia astrale, in conseguenza del loro collegamento organico con le stelle. [La figura mostra la sfera ottava, quella dello zodiaco, includente sette cerchi per rappresentare i pianeti e un cerchio al centro, sfera degli elementi. Ai due lati dell’Ariete appaiono due piccoli “teatri” o palcoscenici].

 

[…] Nella pagina seguente, di fronte al diagramma dei cieli, c’è l’incisione di un “teatro” […ovvero] di un palcoscenico. La parete che ci sta di fronte è il frons sceanae che contiene cinque porte [come nel frons sceanae classico, ma questo è un palcoscenico dell’età elisabettiana a diversi piani. Tre ingressi: due ad arco, il centrale, semiaperto, può essere chiuso da battenti. Gli altri due ingressi, a un livello superiore, si aprono su una terrazza merlata. Nel centro c’è un bovindo]. Fludd intende avvalersi di questo teatro come di un sistema di luoghi mnemonici (per le cose e per le parole). Ma di per sé il teatro è come “un pubblico teatro in cui si rappresentano tragedie e commedie”. I grandi teatri lignei, in cui si eseguivano le opere di Shakespeare e di altri autori, erano conosciuti appunto con il termine di “public theatres”. Il capitolo che contiene l’illustrazione del teatro è intitolato Descrizione del teatro orientale e occidentale, e risulta che vi debbono essere due di questi teatri, uno “orientale”, l’altro “occidentale”, identici nella pianta, ma diversi per colore. Il teatro orientale dev’essere chiaro, luminoso e fulgente, perché rappresenta il giorno e le opere del giorno; il teatro occidentale sarà nero, fosco, avvolto nell’oscurità, appartenendo alla notte. Entrambi devono essere posti in cielo e riferirsi, forse, alle “case” diurne e notturne dei pianeti. […]

Sul bovindo del teatro c’è un’iscrizione con le parole THEATRUM ORBI [anziché THEATRUM ORBIS…]. Suggerisco che il dativo sia qui intenzionale e che l’iscrizione significhi non che questo è un “Teatro del Mondo”, bensì un “Teatro per il Mondo”: vale a dire uno dei teatri o palcoscenici da collocare con o nel mondo, ossia nei cieli che appaiono nella pagina di fronte.

[Alle cinque porte sono contrapposte altrettante colonne che si distinguono per forma e per colore…] “La forma delle due estreme sarà circolare e rotonda, la colonna di mezzo avrà la figura di un esagono; quelle intermedie a queste saranno quadrate…” […] Queste porte debbono essere utilizzate come cinque loci di memoria […]. La prima porta sarà bianca, la seconda rossa, la terza verde, la quarta blu, la quinta nera. […] Con questa sequenza di dieci luoghi (cinque porte e cinque colonne) in tutti i “teatri”, Fludd si propone di ricordare cose e parole nel suo sistema di memoria magica.

[…] Nel testo di Fludd sono raffigurati altri due “teatri”. Non sono palcoscenici a più livelli, ma somigliano a stanze liberate di una parete, in modo che lo spettatore possa guardare dentro. […] Questi teatri sussidiari sono destinati anch’essi ad essere usati come stanze di memoria […che] si collegano con i teatri principali e, attraverso questi, con i cieli. […] Dopo questo capitolo sulle immagini delle “idee principali”, ne viene uno riguardante “immagini meno fondamentali”, da collocare nei teatri sulle porte e sulle colonne» (Yates 1972, pp. 302-309).

            
Il Teatro di memoria di Fludd e il Globe Theatre

«Il Globe Theatre originario, eretto nel 1599, era stato distrutto dalle fiamme nel 1613. Fu ricostruito immediatamente, sulle stesse fondamenta e nelle stesse linee di quello che lo aveva preceduto, sebbene con maggiore magnificenza. […] Ora, se Fludd utilizza, come egli sostiene, un teatro pubblico “reale” come modello per le scene del suo sistema di memoria del mondo, che cosa poteva prestarsi meglio del Globe, il più famoso teatro pubblico londinese, che evocava addirittura “il mondo” fino nel nome?

Nello schizzo del palcoscenico del Globe, come ci è comunicato da Fludd, sono state rimosse le impossibili pareti laterali, e due colonne si levano a sostenere il “cielo”. […] I “cieli” mostrano lo zodiaco e le sfere planetarie, come nel diagramma che fronteggia il teatro di memoria, ma i segni dello zodiaco sono mostrati solo attraverso i loro simboli. […]

Sebbene fra l’incisione di Fludd e il teatro di Shakespeare possano essersi introdotte distorsioni mnemoniche, migliorie del secondo Globe, non c’è dubbio che questo filosofo ermetico ci ha mostrato di esso più di quello che mai avessimo visto in precedenza, in effetti, Fludd è il solo che ci abbia lasciato un certo ricordo visivo del palcoscenico su cui si rappresentarono i drammi del più grande drammaturgo del mondo. E, attraverso le forme delle cinque basi di colonna, Fludd ci sta dicendo le forme geometriche adoperate nella costruzione del Globe e precisamente l’esagono, il cerchio e il quadrato.

Schizzo del palcoscenico del Globe Theatre, secondo le indicazioni di Fludd.

È molto interessante rendersi conto di come il Globe ne risulti come un adattamento scrupoloso di Vitruvio […]; fa eccezione il fatto che il Globe sistema gli spettatori in gallerie sovrapposte e ha un palcoscenico a più piani. Inoltre il perimetro esagonale del Globe, lo mette in condizione di accogliere al suo interno un quadrato […]. Questo quadrato è altamente significativo, perché collega il teatro shakespeariano al tempio e alla chiesa. Nel suo terzo libro sui templi, Vitruvio descrive in che modo la figura di un uomo a braccia e gambe tese si inserisca con esattezza in un quadrato o dentro un cerchio […] simbolo di corrispondenza matematica fra microcosmo e macrocosmo» (Yates 1972, pp. 317-333).

Pianta ipotetica del Globe Theatre.

            

Cesariano
Homo quadratus
Dall’edizione del 1521 del De Architectura di Vitruvio.